Chi obbedisce .... non sbaglia mai !

martedì 29 marzo 2011

Un uomo dormiva nella sua capanna quando improvvisamente una luce illuminò la stanza ed apparve Dio. Il Signore gli disse che aveva un lavoro per lui e gli indicò una gran roccia di fronte alla capanna. Gli spiegò che doveva spingere la pietra con tutte le sue forze.  
L'uomo fece quello che il Signore gli chiese, giorno dopo giorno. Per molti anni, da quando usciva il sole fino al tramonto, l'uomo spingeva la fredda pietra con tutte le sue forze... ma questa non si muoveva. Tutte le sere l'uomo ritornava alla sua capanna molto stanco e convinto sempre più che tutti i suoi sforzi erano inutili. 
Cominciò così a sentirsi frustrato, e Satana ne approfittò insinuandosi subito nella sua mente e mettendogli forti dubbi: "Stai spingendo quella roccia da molto tempo...e non si è mossa di un millimetro!" L'uomo pian piano cominciava a convincersi che il compito che gli era stato affidato era impossibile da realizzare e che lui era un fallito.
Questi pensieri aumentavano sempre più la sua frustrazione e delusione. Satana infierì ancora: "Perché sforzarti tutto il giorno in questo compito impossibile? Fa' solo un minimo sforzo e sarà sufficiente!"
L'uomo pensò di mettere in pratica questo consiglio, in fondo fino ad allora con tutti i suoi sforzi non aveva concluso nulla di buono, ma prima decise di elevare una preghiera al Signore e confessargli i suoi sentimenti: "Signore, ho lavorato duramente per molto tempo al tuo servizio. Ho usato tutta la mia forza per ottenere quello che mi hai chiesto, ma non sono riuscito a smuovere la roccia neanche di un millimetro. Ho lavorato per niente, sono un fallito! E' meglio che mi dia da fare dell'altro!" 
Il Signore rispose con molta compassione: "Caro figlio, quando ti chiesi di servirmi e tu accettasti, ti dissi che il tuo compito era di spingere la roccia con tutte le tue forze, e l'hai fatto. Mai ti ho chiesto di rimuoverla. Il tuo compito era solo quello di spingerla. Non ti dovevi preoccupare di spostarla....a quello ci penso io! Ora vieni a me senza forze a dirmi che sei fallito, ma ne sei proprio sicuro? Chi ti ha fatto pensare ad una cosa simile? Hai dato ascolto al demonio? E' un bugiardo e menzognero! Ma guardati: le tue braccia sono forti e muscolose, la tua schiena forte ed abbronzata, le tue mani callose per la costante pressione, le tue gambe sono diventate dure. Nonostante le avversità sei cresciuto molto ed ora le tue abilità sono maggiori che quelle che avevi prima di fare la mia volontà. Certo, non hai mosso la roccia, ma la tua missione era di obbedire spingendola, per esercitare la tua fede in me. Io so che tu non sei capace di spostare la roccia....per questo non te l'ho chiesto....Io non do mai pesi superiori alle forze di ognuno. Tu mi hai obbedito! Sei stato fedele....e soprattutto prima di credere al demonio ti sei rivolto a me. Bravo. Ora, caro figlio, io muoverò la roccia".

Alcune volte, quando ascoltiamo la parola del Signore, tentiamo di usare il nostro intelletto per decifrare la Sua volontà, quando in realtà Dio  ci chiede soltanto obbedienza e fede in lui. Dobbiamo esercitare la nostra fede che muove montagne, ma coscienti che è Dio che alla fine riesce a spostarle.


Quando tutto ti sembra andar male...SPINGI soltanto!

Quando sei esaurito per quel lavoro...SPINGI soltanto!

Quando la gente non si comporta nella maniera che a te sembrerebbe giusta...SPINGI soltanto!

Quando la gente semplicemente non ti comprende...SPINGI soltanto!

Quando ti siedi sfinito e senza forze...SPINGI soltanto! 

Chi ti sposterà gli ostacoli....sarà Dio.

San Francesco di Sales: i cinque gradi dell'umiltà

venerdì 25 marzo 2011

1)    Il primo grado dell’umiltà è la conoscenza di sé, che avviene allorché, per mezzo della testimonianza della nostra coscienza, e con l’aiuto della luce che Dio riversa sui nostri spiriti, ci rendiamo conto che non siamo altro che povertà, miserie e abiezione. Questa umiltà, se non va oltre, non è granché, e, di fatto, è molto comune; infatti, sono poche le persone che vivono in tanta cecità da non riconoscere abbastanza chiaramente la propria pochezza, per poco che riflettano; tuttavia, non vogliono vedersi per quello che sono, tanto che sarebbero molto contrariati se qualcuno li giudicasse per quello che realmente sono. Ecco perché non bisogna fermarsi a questo punto, ma passare al secondo livello, che è il riconoscimento; c’è differenza fra conoscere una cosa e riconoscerla.
2)   Riconoscere significa dire e manifestare pubblicamente, quando è necessario, quello che conosciamo di noi stessi; ma si intende che va detto con un sincero sentimento del nostro nulla, dato che c’è una quantità di persone che non fa altro che umiliarsi soltanto a parole. Parlate alla donna più vanitosa del mondo, ad un cortigiano dello stesso stampo, e dite loro, ad esempio: mio Dio! quanto lei è in gamba, quanto merito le deve essere riconosciuto! Non trovo nulla che si avvicini alla sua perfezione. Risponderanno: Oh, Signore, non valgo nulla, e non sono che la miseria in persona e la stessa imperfezione; ma contemporaneamente sono molto contenti di sentirsi lodare e, ancor di più, se li giudicate secondo quello che dite. Ecco allora che quelle parole di umiltà non si trovano che sulle labbra e non provengono dal profondo del cuore; infatti, se doveste prenderli in parola, prendendo per vere le loro false dichiarazioni di umiltà, si offenderebbero, e pretenderebbero che facciate loro ammenda per l’onore offeso. Ora, Dio ci protegga da umili di tal genere!
3)   Il terzo livello è di ammettere e confessare la nostra pochezza e abiezione quando la scoprono gli altri: infatti, molto spesso, diciamo personalmente e anche con convinzione, che siamo cattivi e miserabili, ma non vorremmo che in questa affermazione ci prevenisse qualche altro; e se capita, non soltanto non ci fa piacere, ma ce ne abbiamo a male, e questo è un segno sicuro che la nostra umiltà non è perfetta e nemmeno di buona qualità. Bisogna dunque ammettere francamente e dire: avete proprio ragione, mi conoscete molto bene. Questo grado è già molto buono.
4)   Il quarto è amare il disprezzo e rallegrarci quando veniamo abbassati e umiliati; infatti, a quale pro trarre in inganno lo spirito degli altri? È un fatto irragionevole. Se ammettiamo che non siamo nulla, dobbiamo essere molto contenti che venga creduto, che si dica e che ci si tratti come nullità e miserabili.
5)   Il quinto, che è il più perfetto e il più alto dei gradi di umiltà, è quello non soltanto di amare il disprezzo, ma desiderarlo, cercarlo e compiacervisi per amore di Dio: e beati sono quelli che giungono a questo livello; ma il loro numero è molto limitato. Nostro Signore lo voglia aumentare di... 10 o 20 fratelli che Gli sono consacrati in questa nostra famiglia.

Io sarò con te

mercoledì 23 marzo 2011

Molte volte, già al mattino dopo che i nostri occhi si sono aperti sul nuovo giorno e magari dopo aver recitato anche le preghiere, sentiamo già i legacci del mondo che ci stringono, il respiro comincia a mancare e l’ansia ci assale e cambia il nostro umore facendo sì che il nostro umore prenda quella impronta per tutta la giornata. Perché,? Cosa succede? Si fa presto a capirlo e così immancabilmente tornano a farci visita i nostri carichi psicologici sui diversi adempimenti che ciascuno di noi deve affrontare, quelle situazioni con cui comunque dobbiamo fare i conti e che ci tolgono subito quella pace, quella speranza di confidare e continuare sempre a rimettere tutto in Gesù. Spese inaspettate da affrontare, quadrature di bilanci famigliari sempre più ridotti all’osso in cui il solo dato certo è che ciò di cui si dispone materialmente, intendiamo a livello economico, non è mai sufficiente a gestire le incombenze del vivere quotidiano, quel vivere non certo fatto di agiatezza o di lusso ma quella soglia minima per cui non sentirsi soffocati, morire. Figli che giustamente hanno le loro esigenze, i loro target per essere a passo con gli amici coetanei nel vestire, nell’essere nel sociale, e intuire come già da allora cominciano a dar spazio a realtà solo apparenti, all’adorazione già prematuramente di falsi idoli che portano alla vita senza senso e senza valori. Ma anche per noi genitori è difficile rimanere al gioco senza gravi turbamenti, restare in quella speranza certa per cui niente ci debba distogliere dalla pace, in quell’atteggiamento che un buon cristiano dovrebbe comunque avere nel confidare unicamente nel Signore che da secondo le nostre necessità. Quant’è difficile, quant’è faticoso, ed ecco che in queste occasioni possiamo comprendere la straordinarietà dei santi, delle persone ricolme di fede, quella fede a cui tutti dovremmo aggrapparci quando le cose non vanno come vorremmo noi. Qui può venirci in aiuto Santa Teresa della Croce, suora carmelitana,  in cui prendendo spunto da uno stralcio dei suoi scritti possiamo intuire che alla fine non è poi tanto difficile aspirare a quell’abbandono totale nel Signore e nel lasciarGli gestire le nostre incombenze. Chissà, sicuramente tra queste righe possiamo  scorgere qualche utile insegnamento……

Di fronte a una salita da fare, con la prospettiva di levatacce per evitare il caldo del giorno e di stanchezze varie, può venire la tentazione del dire: Ma chi me lo fa fare? Sto tanto bene qui, tra le mie comodità. Vado, non so quel che trovo.. poi a metà strada mi pento e da solo non posso tornare via... Chissà perché l'uomo di fronte agli orizzonti splendidi del trovare cose nuove si circonda di tutti i fantasmi possibili e immaginabili del pericolo, del rischio, del perdere... tra le mille voci contrastanti un solo mormorio può placare le ansie dell'imprevedibile: è il sussurrare divino, appena percepibile: Io sarò con te. Non temere, scricciolo. Vivi l'avventura della vita senza lasciarti portar via il meglio dall'angoscia di non avere tutto sotto controllo. Affidati: Io sarò con te. Andare con Dio non è un ansiolitico nel senso di medicina rassicurante in quanto ti dice cosa ti avverrà, come, quando (secondo il nostro desiderio di conoscere il futuro quasi arrivasse già pronto per noi e noi dovessimo solo consumarlo...). L'unica rassicurazione è che non sei solo, e soprattutto che stando con Lui non dovrai più pensare tu a tutto, perché Egli ha cura di te. Essere accuditi, coccolati, teneramente amati: chi non sogna una persona che colmi questo bisogno abissale di affetto? Anche i tipi più burberi nascondono un cuore che attende il contatto morbido dell'amore, l'essere avvolti da un abbraccio vitale di comprensione e di vicinanza. Il Signore, l'unico che abita le distese sconfinate dello spirito umano, in ogni dove e in ogni come, Lui è questo bisogno colmato. E quando dentro si avverte questa nenia di amore che libera ed espande le energie più nascoste dell'essere, i passi in salita diventano colpi d'ala. Dice Giovanni della Croce: quando ti trovi immerso in una difficoltà, l'unico modo per uscirne è volare via da quella fanghiglia che ti tiene imprigionato. Ed è vero, perché se resti lì non vedi, e non puoi risolvere, sei travolto da ciò che stai vivendo. Porsi in alto: non è difficile per chi ha al proprio fianco il Dio vivente! con questa buona compagnia i passi sono più leggeri e la vetta sembra meno lontana. È un buon montanaro il nostro Viandante... da quando ha lasciato il cielo per vestire i nostri panni tutte le montagne sono diventate come pianure, perché il lanciarsi del Verbo di Dio in terra, mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo corso (Sap 18,14), come effetto di forza propulsiva ci ha spinto in alto, alle falde del cielo, sulle cime dei monti, i più alti che uomo possa scalare, i monti della divinità per essere il "di fronte" del Padre.
                                     (Sr Teresa della Croce, carmelitana)

Buon compleanno Fra Alessandro

lunedì 21 marzo 2011


Buon compleanno fratello Alessandro, chissà se là nell’alto dei cieli si festeggia, anche se penso che il tuo vero compleanno sia quello dell’11 Agosto giorno della tua dipartita verso le schiere celesti.
Come và Alessandro qui? Male fratello carissimo e mai come in questi ultimi periodi mi ritorni alla mente, ripenso al breve periodo in cui ti ho conosciuto e ho avuto la fortuna di frequentarti, alle molteplici esperienze di cui mi hai arricchito e ai tuoi pochi ma semplici e forti insegnamenti in cui credevi e che ti sforzavi di far conoscere a quanti incontravi sul tuo cammino.
Mi colpisce ancor oggi ricordare quando mi parlavi della tua vocazione di come il Signore ti voleva già per Lui quando tu eri invece immerso in quel finto paradiso di cui oggi molti giovani vanno alla ricerca, di cui ne fanno uno stile di vita: discoteche, mondanità, notti scambiate per giorno, divertimenti smisurati, ecc. Anche se tu non li vivevi appieno eri comunque immerso in un contesto sociale e culturale perché ci abitavi anche vicino: Rimini e la riviera romagnola. Quella Rimini/Riccione oggi metà del divertimento per eccellenza per cui tanti ragazzi o con la macchina o anche con il treno vi giungono da tutte le parti percorrendo magari centinaia di kilometri unicamente per trascorrere un fine settimana, i conosciuti “sabato sera dei giovani” all’insegna del ballo, del divertimento e dello sballo anche esagerato con le droghe per poi svuotati di tutto ritornare alle loro case ripercorrendo centinaia di kilometri e il tutto in appena 12/24 ore.

Mi parlavi di come il Signore già ti aveva tirato fuori da quel contesto e ti voleva per Lui, apostolo delle genti e non semplice numero nella moltitudine della massa. Venivi da una famiglia abbastanza agiata e come il novanta per cento della realtà imprenditoriale del posto anche i tuoi genitori avevano un albergo, uno di quei tanti della riviera in cui nel periodo estivo sono tutti stracolmi. Ricordo quando mi raccontavi della reazione della tua mamma, - donna simpaticissima che mi hai fatto conoscere e che ti voleva veramente tanto bene, - arrabbiatissima quando lei per il tuo 18° compleanno ti regalò una fiammante Porsche, macchina che qualsiasi giovane vorrebbe avere, e che invece tu di li a qualche mese hai subito regalato ad un amico. Forse perché già assaporavi la grazia e la grandezza del “non avere”, di quella madre povertà a cui il Signore ti stava chiamando.

Mi hai insegnato a tener su nella mano la corona del rosario facendomi scoprire quella preghiera che poco conoscevo e a cui mi sono innamorato solamente nel guardarti tutte le volte che tenevi la tua corona tra le mani e sgranavi rosari a volontà in qualunque momento della giornata e mentre facevi qualsiasi faccenda. Se mi sono innamorato della preghiera del rosario è grazie a te Alessandro; prima ne sentivo l’imbarazzo e la vergogna io uomo, ragazzo a farmi vedere con una corona in mano. Grazie, fratello caro!!! Quanti ce ne siamo detti nei molti viaggi fatti assieme in macchina quando ti accompagnavo nelle tue missioni di predicatore o quando andavi a dir messa in altre parti.

E poi che dire di come sempre ti affidavi alla divina provvidenza nel tuo dire e nel tuo fare e niente ti turbava o ti scomponeva più del dovuto quando qualcosa non andava per il verso suo. Mi piacevi ancora di più quelle volte in cui la tua mitica Fiat Tipo blu la sottoponevi a viaggi estenuanti ora di qua ora di la, quasi camminasse a Spirito Santo ma poi ti toccava fare i conti con qualche manutenzione saltata ed eccola la che ti si fermava, restavi a piedi. Ed io contento di ricevere la tua chiamata e venivo a prenderti a recuperarti, con la tua mamma che spesso mi diceva con quel meraviglioso accento romagnolo “Che sciagurato sto’ figlio meno male che può contare su persone come te”.

Chiudo gli occhi e quasi ti risento nelle tante omelie in cui non perdevi occasione per riferirti alla mamma celeste, Maria, che tanto amavi e che tanto ti sforzavi a farci comprendere come eleggerla unica e grande mediatrice delle nostre necessità.
Oggi capisco perfettamente tutte quelle volte in cui stavi male, quando ti scontravi con le varie realtà dei conventi in cui ti ritrovavi a dover stare, in quegli ambienti parrocchiali e non in cui, secondo te, il troppo attivismo e le tante distrazioni sviavano, facevamo perdere l’interesse e la possibilità di scoprire il Vero Amore: Cristo. Qualcuno diceva che eri troppo estremista, qualche volta pesantemente ti davano anche del pazzo quasi a volerti richiamare sul tuo desiderio di incarnare un San Francesco per tanti tuoi confratelli ormai scaduto, passato di moda.

Che dolore Alessandro caro sentire ancora oggi pronunciare quella etichettatura, quella parola orrenda ancor più orribile perché sulla bocca di tuoi stessi confratelli sacerdoti. Non ti sbagliavi fratello, non ti sbagliavi affatto; avevi già intuito le cose che non andavano ma le tue ammonizioni cadevano come seme sulla roccia e non su terreno fertile. Volevi solo dare dignità e valore alla vocazione, quella di vero frate che sentivi voler incarnare: a quella povertà che si vedeva nel tuo saio che sempre indossavi e a volte maleodorante perché non potevi sostituirlo con un altro che non avevi. E quei sandali un po’ rotti che tanto hanno camminato e che non cambiavi spesso perché tutto volevi far consumare, così come ti sei consumato tu fino alla fine. E oggi vediamo ciò che tu vedevi prima, oggi in molti soffriamo la leggerezza con cui si fanno le cose sante, di come poco si piegano le ginocchia davanti a quel tabernacolo che sempre hai guardato anche tu. E noi ? Ancora qui a chiederci perché le cose non vanno, facendo finta di niente e allo stesso tempo vivere nell’ipocrisia che tutto và bene così, e sentire la paura addosso perfino di ammonire il fratello che sbaglia perché laici o sacerdoti che siamo resteremo delle persone secolarizzate sempre più del mondo e sempre meno nello Spirito.

E mi ricordo di quando decidesti di fare il cammino a Santiago di Compostela e solamente a due mesi dalla data prefissata ti sei cominciato ad allenare facendoti delle camminate a piedi nei paesi limitrofi a Guardiagrele. Qualche volta ti ho accompagnato e anche se il tuo passo non era veloce era comunque resistente tant’è vero che una volta sei quasi arrivato a Lanciano da Guardiagrele sotto una insistente pioggia. E la tua caparbietà l’ho anche compresa quando ti ho visto di ritorno dal pellegrinaggio a piedi di Santiago in cui avevi entrambi i piedi pieni di escoriazioni e bolle d’acqua che per una settimana non camminavi quasi più perché senza preoccuparti di alcuna preparazione al cammino ti sei fatto circa 300 km a piedi.

Nei tuoi tanti viaggi a Medjugorie e anche a Lourdes stavi ore davanti al computer a studiare, cercare la tariffa la più economica possibile perché il risparmio per te era la via breve per meglio far agire la provvidenza e racimolare il denaro necessario al biglietto. Non ti ho mai visto con fare attaccato al dio quattrino se non limitatamente a ciò che ti serviva, non trattenevi mai niente per te e le offerte e le intenzioni che ricevevi nelle celebrazioni le riconsegnavi sempre all’economo.

Mi hai fatto comprendere in maniera particolare, e mai mi è più successo con altri sacerdoti, l’efficacia forte del sacramento della riconciliazione quando una volta sono riuscito a mettermi a nudo davanti a Gesù e confessargli cose che per me erano grandi macigni. Grazie ancora Alessandro.
I tuoi pensieri e il tuo fare ti portavano alla continua ricerca dell’incontro con Gesù attraverso ritiri, esperienze, pellegrinaggi e porto ancora addosso la bellezza il tesoro della meravigliosa esperienza che mi hai fatto fare portandomi a conoscere il tuo amico e molto amato sacerdote Don Oreste Benzi. A quelle volte in cui mi hai fatto vivere la dimensione e la bellezza del carisma delle case famiglia dell’associazione Papa Giovanni XXIII sempre guidate da Don Oreste. Lo stesso Don Oreste di cui abbiamo fatto fare esperienza anche alla nostra parrocchia invitandolo qui a Guardiagrele, organizzando un incontro-catechesi con la realtà nostra locale e questo lo devo anche a te. Senza parole poi quando su tuo suggerimento ho fatto l’esperienza della  “Notte dei senza dimora” a Rimini in cui ho condiviso la condizione degli emarginati, dei barboni dormendo al loro fianco a terra nella stazione di Rimini: meraviglioso Alessandro.

Ma uno dei momenti che difficilmente dimenticherò è stato quando una mia vicissitudine personale mi ha portato ad affrontare un grosso problema della vita e quindi involontariamente tu non eri più a Guardiagrele e ci sentivamo telefonicamente con meno frequenza. Così casualmente mentre ero ad un incontro che annualmente il Rinnovamento nello Spirito fa alla Fiera di Rimini volevo confessarmi alla moltitudine di sacerdoti presenti lì, circa una quarantina, e mentre facevo la fila ti ho scorto tra i vari box quale confessore. Ho fatto la fila da te e al mio turno quando mi hai visto io che ti portavo nel cuore sono subito scoppiato a piangere, non riuscivo a fermarmi perché avevo sempre nella mente un pensiero che ero sicuro che era anche il tuo ma che a te faceva stare male che mai hai voluto chiedermi ne confessare se non in quell’occasione. E’ così in  un lampo ho sentito il bene che ti volevo e subito ti ho smentito il pensiero che per lungo tempo ti chiedevi per me e la mia grandissima gioia è stato farti capire del bene che sentivo per te, farti comprendere che non avevo nessun rancore per te e se qualcosa era andato per un verso non era certo dipeso da te. Ho visto una grande gioia nei tuoi occhi e il grande peso da cui ti avevo liberato e non smetto di ringraziare il signore per quell’oppurtinità che mi ha dato. Oggi tu la vedi da lassù così come io l'ho veramente vissuto e sentito nel mio cuore.

Sapevo della tua frequentazione presso un gruppo di preghiera a Chieti e di come tu con grande spirito e attaccamento alla preghiera li raggiungevi dal convento di Leonessa sottostando ad orari assurdi in quanto il convento un pò disagiato era mal collegato con i servizi pubblici e tu senza preoccupartene più di tanto riuscivi a giungere a piedi anche da Leonessa a Chieti muovendoti unicamente a mezzo autostop o al massimo con il treno. Mi dispiace e mi fa veramente male al cuore pensare ai tuoi ultimi periodi in cui ti sei lasciato andare, in cui non ti sei preoccupato neanche della tua salute staccandoti anche dal bisogno corporeo che qualche malanno ti obbligava a curare ma che tu hai lasciato correre.
Ho sempre cercato di immaginare le tue ultime ore terrene: solo davanti a quel tabernacolo nel convento di Arezzo, al cospetto di Cristo crocifisso. In un primo momento mi vien da pensare al tuo sentirti umanamente sconfitto, alle persone che ti hanno potuto ostacolare nel vivere la tua chiamata, a noi tutti e a quanti ti conoscevano impotenti di poterti aiutare, poter fare qualcosa per te ma tu stavi presentando tutto te stesso al Signore, quell’ultimo sacrificio che non hai disdegnato di offrire per tutto ciò in cui credevi e che ti faceva sentire un autentico frate cappuccino e il Signore Gesù ha voluto dare un premio alla tua sofferenza chiamandoti a Lui.

Cosa ci rimane Alessandro? Tantissimo, tanto, veramente tanto di te e altrettanto a tutte quelle persone che ti hanno conosciuto e che ti hanno amato, quelle persone a cui anche tu hai voluto tanto bene e che ancor oggi ti portano sulle labbra per tutto ciò che continua a non andare nelle nostre chiese e a ciò che è migliorato in noi anche grazie a te. Grazie Alessandro, grazie a nome di tutte quelle persone che portano ricordi diversi e esperienze altrettanto forti e da lassù sostienici ancora in questa valle di lacrime in cui ci si perde ancora, in cui si spera ancora, in cui si cerca di far posto a Gesù nei nostri cuori rivolgendoci a quella Madre che ora tu abbracci come quell’immenso abbraccio che vorrei darti per ciò che potevo fare e non sono riuscito a fare.

Sei con me fratello carissimo ogni Venerdì nell’adorazione eucaristica, in questo stesso convento che ti ha visto, grazie soprattutto a te, dar inizio alle adorazioni settimanali che oggi celebriamo e che merito anche all’opportunità che mi da il parroco io per te cerco di portare avanti e celebrare nella mia miseria e ingratitudine di figlio di Dio.
Niente poteva ricordarti meglio di quanto hanno scritto nella tua foto ricordo che qui ho davanti a me e che mi ha accompagnato in questo dialogo con te:

“Servi il Signore con umiltà,
povertà e semplicità di cuore”

Tu sei stato questo, grazie Frate Alessandro……e mai come ora vorrei dirti di vero cuore di quanto ti voglio bene fratello. Ciao……..

Di seguito riporto lo scritto che altrettanto ci ricorda in maniera emblematica frate Alessandro: è l’omelia tenuta l’11 Agosto 2009 il giorno del suo funerale a Cattolica dall’allora ministro provinciale cappuccino della regione abruzzese Fra Domenico del Signore.

IN MORTE  DI

P. ALESSANDRO ZANGHERI


Rimini 21.03.1964 – Arezzo 11.08.2009

Caro fratello Alessandro, credo che a te si addicano le parole del salmo 88:

Signore, Dio della mia salvezza, davanti a te grido giorno e notte. Sono annoverato fra quelli che scendono nella fossa. Sono libero, ma tra i morti... Mi hai gettato nella fossa più profonda, negli abissi tenebrosi. Si consumano i miei occhi nel patire. Tutto il giorno ti chiamo, Signore, verso di te protendo le mie mani. Compi forse prodigi per i morti? O si alzano le ombre a darti lode? Ma io, Signore, a te grido aiuto e al mattino viene incontro a te la mia preghiera. Perché, Signore, mi respingi? Perché mi nascondi il tuo volto?

Questo tuo grido hai rivolto al Signore davanti al tabernacolo e al cospetto del Cristo crocifisso fino a qualche ora prima della tua morte. Qualcuno dei confratelli in quel momento ti ha visto solo e in ginocchio in chiesa e ti ha invitato ad assumere – seduto – l'atteggiamento del discepolo che reclina confidenzialmente il suo capo sul petto di Gesù. E il Signore dall'alto della Croce ti ha risposto mandando ad aiutarti i suoi santi. Così, nel giorno dedicato a Chiara d'Assisi, l' 11 agosto, si è aperto per te il tempio di Dio che è nel cielo (Ap 11,19).
Eri poco adatto alla realtà mondana ma eri pronto per il Regno dei cieli.
La tua vita è stata un perenne andare alla ricerca dell'Assoluto. E l'Assoluto cercavi anche nelle istituzioni, che pur ispirate a principi evangelici, hanno sempre i limiti della umana natura. Cercavi, con la tua sensibilità e intelligenza, un ideale evangelico  disincarnato al punto che, quando ti si chiedeva di prenderti cura di fratello corpo, non ascoltavi, ritenendo superflua ogni attenzione alle realtà terrene.
La tua idealità ti spingeva a condurre una vita fortemente stressante per il corpo e lo spirito. Era tua abitudine fare l'autostop perché così, nella tua disarmante semplicità, pensavi di evangelizzare chi ti caricava a bordo, desideravi l'esercizio del ministero della riconciliazione anche se il tuo carattere ti faceva pesare molto questa fatica. Avresti voluto fare senza interruzione il predicatore itinerante. Addirittura, chiedevi di poterti recare in Catalogna per aiutare i confratelli cappuccini di quelle terre. E non chiedevi niente per te, perché nella tua delicatezza d'animo avevi timore di recare fastidio ad alcuno.
Pur volendo venire incontro ai tuoi  sogni, insieme alle persone che ti volevano bene cercavo di farti mettere insieme idealità e realtà. Per questo motivo non ho creduto opportuno accordarti il permesso di recarti in Catalogna e, sempre per lo stesso motivo, avevo manifestato il desiderio di averti nel convento dove io dimoravo. Questa possibilità poi è stata resa impossibile dal terremoto dell'Aquila.
La tua forte idealità e l'epilogo della tua breve esistenza mi hanno fatto riflettere su tante cose: l'esigenza di far riemergere la nostra identità di frati,  la necessità di prendere in seria considerazione il fatto che il nostro modus vivendi è fortemente impegnativo per le persone che lo abbracciano. Mi sono anche chiesto quale sia la reale incidenza, l'efficacia e il valore dei metodi formativi rispetto alle persone che chiedono di abbracciare la nostra  vita.
È certamente forte la suggestione e il fascino del modo di vivere la radicalità evangelica come hanno fatto Francesco e Chiara d'Assisi. Ma è estremamente difficile ritrasmettere l'umanità e la carica emotiva che promanavano dalle loro persone.
Caro fratello Alessandro, evidentemente i nodi del nostro cordone non hanno stretto a sufficienza  tutti i componenti la cordata che voleva scalare la santa montagna e così la Provvidenza ha permesso che tu ti sganciassi dal gruppo.
Ora, il sentire della fede che s'ispira alla misericordia del buon Dio, ci dice che tu, accolto nel Regno della pace e dell'amore, sia il tramite che ci avvicina al cielo, lì dove risplende la bellezza del volto di Maria e l'amorevolezza del suo figlio Gesù che ha permesso, con il sacrificio della sua morte in croce, l'ingresso della nostra povera umanità in Paradiso.
Ti ha purificato l'onda battesimale; ti ha donato dignità regale il crisma della confermazione e della ordinazione presbiterale; ti sei nutrito di Cristo, Parola e Pane di vita; vivi in Cristo nella patria che tu hai raggiunto e che noi ancora pellegrini su questa terra – tua madre, tua sorella, i tuoi parenti, i tuoi confratelli – siamo chiamati un giorno a raggiungere.

Cattolica, 11.08.2009
  
fr. Domenico Del Signore
Ministro Provinciale OFMcap

Dati biografici

Nome:   Alessandro
Cognome: Zangheri
Data di nascita: 21.03.1964
Luogo di nascita: Rimini
Diocesi:   Rimini

 Vestizione:   17.09.1993
Professione temporanea: 17.09.1994
Professione perpetua: 09.09.2001
Ordinazione sacerdotale: 07.04.2002
Data di morte:   11.08.2009 
Luogo di Morte:   Arezzo
Data della sepoltura: 17.08.2009
Luogo della sepoltura: S. Giovanni in Marignano (Rimini)


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I 3 alberi

giovedì 17 marzo 2011

In un bosco in cima ad una collina, vivevano tre alberi. Un giorno iniziarono a discutere dei loro desideri e delle loro speranze. Il primo albero disse: 'Spero di diventare un giorno lo scrigno di un tesoro. Potrei essere riempito d'oro, d'argento e di gemme preziose. Potrei essere decorato con intarsi finissimi ed essere ammirato da tutti.' 
Il secondo albero disse: 'Io spero di diventare una nave possente. Vorrei portare re e regine attraverso i mari fino agli angoli più reconditi del mondo. Vorrei che per la forza del mio scafo ognuno si sentisse al sicuro.'
Infine il terzo albero disse: 'Io vorrei crescere fino a diventare l'albero più alto e più dritto di tutta la foresta. Tutta la gente mi vedrebbe irto sulla cima della collina e ammirando i miei rami contemplerebbe i cieli e penserebbe a Dio, vedendo quanto io gli sia vicino. Sarei il più grande albero di tutti i tempi e tutti si ricorderebbero di me.'
Trascorse qualche anno e ogni albero pregava che i suoi desideri si avverassero.
Alcuni taglialegna passarono un giorno vicino ai tre alberi. Uno di questi si avvicinò al primo albero e disse: 'Questo sembra un albero molto resistente, riuscirò sicuramente a venderne la legna ad un falegname'. E iniziò a tagliarlo.
L'albero era felice perché sapeva che il falegname lo avrebbe trasformato in uno scrigno prezioso. Giunto dal secondo albero un taglialegna disse: 'Questo sembra un albero molto resistente, credo che riuscirò a venderlo ad un cantiere navale.' Il secondo albero era felice perché sapeva che stava per diventare una nave possente.
Quando i taglialegna si avvicinarono al terzo albero, l'albero era spaventato perché sapeva che se fosse stato tagliato i suoi sogni non si sarebbero mai avverati. Uno dei taglialegna disse: 'Non ho ancora deciso cosa ne farò del mio albero. Ma intanto lo taglierò'. E subito lo tagliò. Quando il primo albero fu consegnato al falegname fu trasformato in una cassa per contenere mangime per animali. Fu portato in una grotta e riempito di fieno. Ciò non era certamente quello per cui l'albero aveva pregato.
Il secondo albero fu tagliato e trasformato in una piccola barca da pesca. I suoi sogni di diventare una nave possente e trasportare re e regine era terminato.
Il terzo albero fu tagliato in due tronconi e abbandonato nel buio.
Gli anni passarono e gli alberi dimenticarono i loro sogni. Finché un giorno, un uomo e una donna giunsero alla grotta.
La donna partorì e il neonato fu adagiato nella cassa per il mangime degli animali che era stata fatta con il primo albero.
L'uomo aveva sperato di poter costruire una culla per il bambino, ma fu la mangiatoia a divenirlo.L'albero avvertì l'importanza di questo evento e capì che aveva accolto il più grande tesoro di tutti i tempi.
Anni dopo, alcuni uomini erano sulla barca da pesca che era stata realizzata con il secondo albero. Uno degli uomini era stanco e si era addormentato. Mentre si trovavano in mare un violento temporale li sorprese e l'albero pensò che non sarebbe stato abbastanza robusto per proteggere i passeggeri. Gli uomini svegliarono la persona che si era addormentata che alzandosi in piedi disse al mare "Taci, calmati". La tempesta si placò immediatamente.
A questo punto il secondo albero capì di aver trasportato il Re dei Re nella sua barca. Alla fine, qualcuno arrivò e prese il terzo albero. Un troncone venne fissato nel terreno, mentre l'altra metà venne messa sulle spalle di un Uomo condannato a morte. Mentre veniva trasportato attraverso le strade, la gente scherniva l'Uomo che lo sosteneva. Quando si fermarono l'Uomo fu inchiodato all'albero e innalzato in aria lasciandolo morire in cima ad una collina. Dopo tre giorni, l'albero capì che non solo era stato vicino a Dio, ma lo aveva sostenuto inchiodato su di sé poiché Gesù era stato crocifisso sul suo legno.

Quando le cose non sembrano andare nella direzione che ti aspetti, sappi che Dio ha sempre un piano per te. Se tu hai fiducia in Lui, Lui ti darà grossi doni. Ogni albero ebbe ciò che voleva ma non nel modo che avrebbe immaginato.
Noi non sappiamo sempre ciò che Dio ha riservato per noi. Sappiamo che le Sue vie non sono le nostre vie, ma le sue vie sono sempre le migliori!


Dio ti ama....

mercoledì 16 marzo 2011

Dio ti ama e vuole avere un rapporto personale con te.

Per prima cosa devi avere la consapevolezza del tuo peccato e sentire la necessità di avvicinarti a Dio.

Dio stesso dice che sulla terra non esiste neanche un uomo giusto e tutti siamo peccatori.
In questo "tutti" ovviamente sei incluso anche tu; indipendentemente da quello che senti nella tua coscienza, questa è la cruda realtà; in noi ci può essere l'inganno, ma Dio è verace.
Possiamo essere le persone più brave di questa terra, ma davanti a Dio la nostra giustizia è come un panno sporco. Per questo Lui stesso ha provveduto per la nostra giustificazione.
Gesù ha realizzato la Salvezza anche per te, in modo che, anche tu, possa avere una relazione vera e sincera con Dio e possa diventare Suo figlio.
Gesù è il ponte che ti può collegare con Dio. Lui con la sua morte ha pagato anche per i tuoi peccati, per togliere il motivo di separazione da Dio.

QUANDO PUOI INCONTRARE GESU' ?


Quando tu riconoscerai quello che Gesù ha fatto per te, vedrai la tua vita rinnovata dall'amore di Dio e riceverai una nuova speranza, quella della Vita Eterna.

Questa vita nuova è un dono di Dio e la puoi ricevere nel momento in cui poni la tua fiducia in Cristo Gesù.
E' una decisione che dipende soltanto da te; Dio ha già fatto quello che c'era da fare. Ora stesso, puoi sperimentare l'amore di Dio nel tuo cuore.
Prendi un po' di tempo e parla con Gesù, confessa il tuo peccato; esternargli i tuoi bisogni, i tuoi problemi, le tue ansietà.
Apri il tuo cuore a lui, con fiducia; lui ti vede e ti ascolta perché è sempre presente. Accetta con fede il perdono di Cristo e riconoscilo come tuo Salvatore. A lui non importa come formuli le parole perché ti conosce e guarda il tuo cuore.
Quello che segue è una preghiera modello che puoi esprimere con tutto il tuo cuore:
"Signore Gesù, sono consapevole che finora, nella mia vita, ho voluto agire non rendendo conto a te.
Ho peccato contro di te e mi sento lontano da te, perciò ti prego di perdonarmi e di venire nella mia vita.
Ti ringrazio di essere morto per me e per i miei peccati.
Da adesso voglio che tu sia il mio Salvatore e Signore e ti chiedo di aiutarmi a diventare quello che tu vuoi che io sia.
Grazie che mi stai ascoltando e che mi accetti."

Se tu fai questo puoi esser certo che Gesù farà il resto. Lui è fedele e mantiene le sue promesse.
La Parola di Dio dice:"Chiunque invocherà il Signore sarà salvato

La solitudine

lunedì 14 marzo 2011


Nel buio profondo del mio io solitario, 
Signore Gesù, io ti invoco.
Tu solo puoi riempire questo vuoto
che c'è dentro di me.
Tu solo sei sempre presente
e mi porgi quella tua mano salda e sicura,
a cui mi aggrappo fortemente.
Signore Gesù, confido in Te.
Tu, mia roccia;
Tu, mio vincastro;
Tu, mia difesa!


Mi scrivono sulla solitudine che pubblico con piacere...

Oggi, più che mai, l’uomo si sente solo. Pensiamo alla solitudine del malato, solitudine penosa che emargina dalla società, dal mondo del lavoro, dagli amici. Pensiamo alla solitudine dei carcerati talvolta abbandonati al loro destino dalla società e dai famigliari. Pensiamo a quelle donne sole perché abbandonate dai mariti, o a quelle donne che di mariti non ne hanno mai trovati, oppure alle vedove.
Pensiamo alla solitudine tremenda di tanti giovani senza lavoro, senza prospettive per il futuro  che poi per disperazione si abbandonano alla droga, all’alcool. Pensiamo agli uomini cosiddetti “single” quelli che si scelgono per la libertà che però a lungo andare li porteranno ad essere anche loro comunque persone sole. In tutte le forme di solitudine c’è sempre comunque un fallimento dell’uomo in cui si rende conto che la felicità, quella vera è in altro.
Ed ecco che Cristo non abbandona la sua creatura, non resta indifferente alla sua sofferenza e così entra, per fortuna, nella solitudine dell’uomo. Anche nelle situazioni più difficili, nei bui più totali, la nostra solitudine è sempre accompagnata dalla presenza di Dio che non lascia mai sola l’anima. Quello stesso Dio che non ha lasciato solo Gesù nell’orto del Getsemani al quale manda l’angelo consolatore, quel Dio che alla vista del Figlio  angosciato sulla croce manda la propria Madre che con la sua presenza lo consola.  
Se Dio protegge e consola sempre la propria creatura, anche noi non siamo da meno e molto possiamo fare verso quegli occhi smarriti e persi nel buio delle tante persone che ci stanno accanto e vivono quella solitudine che non ci tocca, che non è cosa nostra e “non m’interessa”. Che mai possiamo fare in questi casi? Tanto!! Possiamo consolare con la nostra presenza e far uscire da solitudini tutte quelle persone alle quali riusciamo ad assicurare la nostra presenza, il nostro aiuto. Consolare e anche chinarci su chi è caduto e non ha la forza di rialzarsi, possiamo versare olio di letizia sulle ferite, asciugare lacrime e ridare luce a degli occhi spenti, aiutare a togliere l’abito del lutto e far indossare l’abito di festa, aiutare a togliere dal capo la cenere e dare una corona di gioia.
In verità solo Dio può dare all’uomo la consolazione vera, quella che raggiunge il profondo, che da conforto. Noi che amiamo Dio l’unica consolazione che possiamo dare è quella che riceviamo dallel mani di Dio. Condividendo la compassione di Dio per i poveri, per i malati, per gli emarginati, per gli afflitti e i peccatori solo allora entreremo nel cuore di Dio e la Sua bontà entrerà nel nostro cuore.

“OGNI GIORNO PRENDI LA CONSOLAZIONE CHE IL SIGNORE TI DA DAL CIELO ATTRAVERSO IL CUORE GENEROSO DI TANTI FRATELLI CHE TI CAMMINANO ACCANTO E CAMMINA CANTANDO. NEL TUO DESERTO DIO CAMMINA CON TE”

Le cose importanti e le cose urgenti della vita

giovedì 10 marzo 2011


Molto spesso nel nostro vivere quotidiano ci immergiamo in pensieri, azioni e "affaticamenti" che non giovano affatto alla nostra tranquillità, al nostro vivere con la pace del cuore, ed è proprio per questo che il più delle volte siamo lontani da Dio, e ci sentiamo sconfitti perchè le nostre situazioni e i nostri problemi ci risucchiano in un vortice dal quale diventa difficile uscirne a danno e scapito di quel Dio stesso al quale riserviamo sempre più un ruolo marginale, di terzo o addirittura di quarto grado.
C'e lo ricorda bene il libro del "Qoèlet":

"Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità, tutto è vanità.
3Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno
per cui fatica sotto il sole?"

Trovo utile questa bella riflessione di Padre Raniero Cantalamessa che può suggerirci uno spunto a come poter imparare a mettere ordine nella nostra vita dando priorità alle cose essenziali. Pace a Voi.


Ci sono cose nella vita che sono importanti, ma non urgenti (nel senso che se non le fai, apparentemente non succede nulla); viceversa, ci sono cose che sono urgenti, ma non importanti. Il nostro rischio è di sacrificare sistematicamente le cose importanti per correre dietro a quelle urgenti, spesso del tutto secondarie.
Come premunirci contro questo pericolo? Lo spiego con una storia.
Un giorno, un vecchio professore fu chiamato come esperto per parlare sulla pianificazione più efficace del proprio tempo ai quadri superiori di alcune grosse compagnie nordamericane. Decise allora di tentare un esperimento. In piedi, davanti al gruppo pronto a prendere appunti, tirò fuori da sotto il tavolo un grosso vaso di vetro vuoto. Insieme prese anche una dozzina di pietre grosse quanto palle da tennis che depose delicatamente una ad una nel vaso fino a riempirlo. Quando non si potevano aggiungere più altri sassi, chiese agli allievi: "Vi sembra che il vaso sia pieno?" e tutti risposero: "Sì!". Attese qualche istante e aggiunse: "Siete sicuri?".
Si chinò di nuovo e tirò fuori da sotto il tavolo un barattolo pieno di ghiaia che versò accuratamente sopra le grosse pietre, movendo leggermente il vaso perché la ghiaia potesse infiltrarsi tra le pietre grosse fino al fondo. "È pieno questa volta il vaso?" chiese. Divenuti più prudenti, gli allievi cominciarono a capire e risposero: "Forse non ancora". "Bene!" rispose il vecchio professore. Si chinò di nuovo e tirò fuori questa volta un sacchetto di sabbia che con precauzione versò nel vaso. La sabbia riempì tutti gli spazi tra i sassi e la ghiaia. Quindi chiese di nuovo: " È pieno ora il vaso?". E tutti senza esitare risposero: "No!". "Infatti" rispose il vecchio e, come si aspettavano, prese la caraffa che era sul tavolo e ne versò l'acqua nel vaso fino all'orlo.
A questo punto egli alzò gli occhi verso l'uditorio e domandò: "Quale grande verità ci mostra questo esperimento?".
Il più audace, pensando al tema del corso (la pianificazione del tempo), rispose: "Questo dimostra che anche quando la nostra agenda è completamente piena, con un po' di buona volontà, si può sempre aggiungervi qualche impegno in più, qualche altra cosa da fare".
"No - rispose il professore - non è questo. Quello che l'esperimento dimostra è un'altra cosa: se non si mettono per prime le grosse pietre nel vaso, non si riuscirà mai a farvele entrare in seguito". Un attimo di silenzio e tutti presero coscienza dell'evidenza dell'affermazione. Quindi proseguì: "Quali sono le grosse pietre, le priorità, nella vostra vita? La salute? La famiglia? Gli amici? Difendere una causa? Realizzare qualcosa che vi sta a cuore? La cosa importante è mettere queste grosse pietre per prime nella vostra agenda. Se si dà la priorità a mille altre piccole cose (la ghiaia, la sabbia), si riempirà la vita di sciocchezze e non si troverà mai il tempo per dedicarsi alle cose veramente importanti. Dunque non dimenticate di porvi spesso la domanda: "Quali sono le grosse pietre nella mia vita?" e di metterle al primo posto nella vostra agenda". Poi con un gesto amichevole il vecchio professore salutò l'uditorio,e abbandonò la sala.
Istruttivo vero? Noi però non siamo dirigenti di azienda preoccupati solo di realizzarsi al meglio nella vita; siamo credenti che desiderano conoscere meglio il Vangelo e sapere cosa devono fare per possedere la vita eterna. Per questo alle "grosse pietre" menzionate dal professore - la salute, la famiglia, gli amici... - devo aggiungerne altre due, che sono le più grosse di tutte: i due più grandi comandamenti: amare Dio e amare il prossimo.
Veramente, amare Dio, più che un comandamento, è un privilegio, una concessione. Se un giorno lo scoprissimo, non cesseremmo di ringraziare Dio per il fatto che ci comanda di amarlo e non vorremmo far altro che coltivare questo amore. Esso è l'unico amore che non delude mai, che è in grado di soddisfare appieno il bisogno infinito d'amore che c'è nel cuore umano. L'esperienza mi ha convinto che la causa più universale di sofferenza nel mondo non è la malattia, o altre cose del genere, ma la mancanza di amore specie quando questa si manifesta nel matrimonio che ne dovrebbe essere la culla.

Sant'Agostino, dopo aver ricercato l'amore per molte strade, nelle Confessioni arriva a questa conclusione: "Tu ci hai fatto per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te!" Imparare ad amare Dio - e, con Lui il prossimo - significa aver trovato finalmente il luogo del proprio riposo, la fonte stessa della felicità.
Mettere al sicuro le due "grosse pietre" perché esse abbiano il primo posto almeno il giorno di domenica, significa essere capaci di rimandare tutto, se necessario, per dedicare del tempo a Dio e all'anima, ascoltando la parola di Dio, partecipando alla Messa. Vuol dire che, se debbo scegliere, nel pomeriggio, tra lo stadio e la visita a un ammalato o a un anziano solo, non sceglierò sistematicamente lo stadio… 

Tempo di Quaresima: quali attenzioni

mercoledì 9 marzo 2011

La ricorrenza delle Ceneri ci immette nel cammino quaresimale, cammino oltre che interiore alla persona è anche esteriore nelle nostre chiese attuato mediante un simbolismo liturgico ben preciso che lo stesso magistero della Chiesa ci invita a rispettare in modo da “disabituarci”  a ciò che vediamo ed udiamo nelle nostre celebrazioni in vista della gioia piena e dell’esultanza totale che può essere manifesta solo alla fine del nostro cammino e che culminerà nella Pasqua di Resurrezione.
          Per comodità riportiamo di seguito alcune importanti indicazioni liturgiche e precisamente:
  Ø   Il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo sono giorni di astinenza e di digiuno, tutti i Venerdì di Quaresima sono giorni di astinenza
  Ø   Il Te Deum e il Gloria si dicono o si cantano solo nelle solennità, nelle feste e in altre celebrazioni particolari; si omette l’Alleluia dall’inizio della quaresima fino alla veglia pasquale anche nelle solennità e nelle feste
  Ø   Non sono ammessi fiori sull’altare o altre piante (CE 252)
  Ø   Durante le azioni liturgiche nel periodo quaresimale, si raccomanda l’assoluta moderazione nell’utilizzo di particolari strumenti musicali (tamburi, cembali, xilofoni, ecc) usati unicamente  per sostenere il canto in maniera sobria e senza clamore nel rispetto dell’indole penitenziale di questo tempo,
  Ø   Si scelgano soprattutto nelle celebrazioni eucaristiche e nei pii esercizi, canti adatti a questo tempo e rispondenti il più possibile ai testi liturgici e alle varie letture e che possono essere sostenuti anche dai fedeli presenti alla celebrazione
  Ø   Riscoprire il sacro silenzio come momento di intimità con il Signore onde favorire la propria e l’altrui ascolto e meditazione della Parola, la preghiera personale, e come corretta abitudine dello stare nei luoghi sacri (chiese, basiliche, cattedrali, ecc).

La Quaresima: tempo favorevole per...

...riscoprire la grazia del battesimo.
Nella Chiesa antica era il tempo in cui i catecumeni si preparavano ormai da vicino a ricevere il battesimo, durante la veglia di Pasqua. Per chi lo ha già ricevuto è l’occasione per rinnovare la rinuncia al peccato e la fede in Dio

...convertirsi.
la rinuncia al male ci chiede di cercare e di fare solo ciò che piace a Dio e giova al bene degli altri. Questo impegno si concretizza nella lotta contro il peccato, in una preghiera più intensa e nelle opere di carità. La celebrazione del sacramento della penitenza costituisce poi un momento molto forte di questo impegno.

...ascoltare la parola di Dio
Le letture dell’Anno A costituiscono una bella catechesi sul battesimo, a partire dalle tentazioni, fino alla resurrezione di Lazzaro e ai misteri della settimana santa. Anche le letture dei giorni feriali sono una grande ricchezza che ci guida in questo cammino.

Il tempo della Quaresima è il tempo dell’ascolto di Dio e noi impegnati sempre più in corse estenuanti, in appagamenti prettamente materiali, dobbiamo solo fermarci, mettere a tacere i nostri chiassi, ed ascoltare ciò che Dio vuole dirci per poterlo poi ri-trasmettere, attuare nella nostra famiglia, nel nostro ambiente di lavoro, nel nostro sociale nonché nelle nostre parrocchie che siamo abituati a frequentare. Tutto ciò può essere attuato dando quindi più importanza all’ascolto della Parola, alla preghiera e a quell’intimità con il Signore che va cercata oltre che nelle singole celebrazioni eucaristiche anche attraverso l’adorazione eucaristica fonte inesauribile, alla quale sempre meno si partecipa.  

Il Signore ci accompagni in questo cammino quaresimale per una vera ed autentica conversione.

Buon cammino di quaresima a tutti!!

Santo Volto di Gesù

martedì 8 marzo 2011



Di te ha detto il mio cuore:

" Cercate il Suo Volto, 
il Tuo Volto, Signore, io cerco”  
Salmo 27, 8







Il martedì che precede le Sacre Ceneri, giorno di inizio della Quaresima, si celebra la festa del Santo Volto di Gesù, e il primo pensiero all’immagine emblematica del Volto di Gesù ci porta al ricordo della sesta stazione della Via Crucis in cui una donna di nome Veronica nel vedere Gesù salire faticosamente verso il Calvario con sulle spalle la pesante croce, nel vedere il Suo Volto sfigurato dai colpi ricevuti e coperto di ferite e di sangue, si commuove e con animo compassionevole e con grande pietà gli si prosta innanzi e poi delicatamente asciuga il Volto Santo di Cristo Gesù.
Gesù ne apprezza il gesto e quasi a volerla premiare imprime il Suo Volto sul candido lino che la donna poi porta con se e ne custodisce il meraviglioso Volto impresso.
Oggi quel Volto Santo lo ritroviamo anche su una medaglia, la medaglia del Volto Santo quale icona, di Cristo morto in croce per la redenzione dell'umanità e vivente nella Santa Eucarestia.
La medaglia del Volto Santo di Gesù è un dono di Maria Madre di Dio e Madre nostra.
Nella notte del 31 maggio 1938, la Serva di Dio M. Pierina De Micheli, suora delle Figlie dell'Immacolata Concezione di Buenos Aires, si trova va nella cappella del suo Istituto a Milano in via Elba 18. Mentre era immersa in profonda adorazione dinanzi al tabernacolo, le apparve in un nimbo di luce sfolgorante una Signora di celestiale bellezza: era la Santissima Vergine Maria.
Ella teneva in mano come un dono una medaglia che su un lato recava impressa l'effigie del Volto di Cristo morto in croce, circoscritta dalle parole bibliche "Fà splendere su di noi, Signore, la luce del tuo volto". Sull'altro lato appariva un'Ostia raggiante circoscritta dall'invocazione "Resta con noi Signore".
la Madre del Cielo si avvicinò alla suora e le disse: "Ascolta bene e riferisci al padre confessore che questa medaglia è un'ARMA di difesa, uno SCUDO di fortezza e un PEGNO di misericordia che Gesù vuoi dare al mondo in questi tempi di sensualità e di odio contro Dio e la Chiesa. Si tendono reti diaboliche per strappare la fede dai cuori, lì male dilaga. I veri apostoli sono pochi: è necessario un rimedio divino, e questo rimedio è il Volto Santo di Gesù. Tutti quelli che porteranno questa medaglia e faranno, potendo, ogni martedi una visita al SS. Sacramento per riparare gli oltraggi che ricevette il 5. Volto del mio figlio Gesù durante la passione e che riceve ogni giorno nel Sacramento dell'Eucarestia:

- saranno fortificati nella fede;
- saranno pronti a difenderla;
- avranno le grazie per superare le difficoltà spirituali interne ed esterne;
- saranno aiutati nei pericoli dell'anima. e del corpo;
- avranno una morte serena sotto lo sguardo sorridente del mio Divin Figlio

Questa consolante promessa divina è un richiamo d'amore e di misericordia del Cuore Sacratissimo di Gesù. Gesù stesso, infatti, il 21 maggio 1932, aveva detto alla serva di Dio: "Contemplando il mio Volto, le anime parteciperanno alle mie sofferenze, sentiranno il bisogno di amare e di riparare. Non è forse questa la vera devozione al mio Cuore?
Il primo martedì del 1937 Gesù le aveva ancora aggiunto che "il culto del Suo Volto completava e aumentava la devozione al Suo Cuore". In verità, quando contempliamo il Volto di Cristo morto per i nostri peccati, possiamo comprendere e vivere i palpiti d'amore del Suo Cuore divino.
 Gesù rivela nel Suo Volto Santo il Volto del Padre, perché chi vede Lui vede il Padre.

Preghiera al Volto Santo di Gesù

O Gesù, che nella Tua crudele Passione divenisti "l'obbrobrio degli uomini e l'uomo dei dolori", io venero il Tuo Volto Divino, sul quale splendevano la bellezza e la dolcezza della divinità e che è divenuto per me come il volto di un lebbroso... Ma io riconosco sotto quei tratti sfigurati il Tuo infinito amore, e mi consumo dal desiderio di amarTi e di farTi amare da tutti gli uomini. Le lacrime che sgorgano con tanta abbondanza dagli occhi Tuoi sono come perle preziose che mi è caro raccogliere per riscattare con il loro infinito valore le anime dei poveri peccatori. O Gesù, il tuo Volto adorabile rapisce il mio cuore. Ti supplico di imprimere in me la Tua somiglianza divina e di infiammarmi del Tuo amore affinché possa giungere a contemplare il Tuo Volto glorioso. Nella mia presente necessità accetta l'ardente desiderio del mio cuore accordandomi la grazia che Ti chiedo. Così sia.
(Santa Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto)